Fin dall’inizio della mia attività nel mondo della comunicazione ho sempre messo all’erta le persone che collaboravano con me e soprattutto i clienti sull’utilizzo di immagini non di proprietà. Spesso passavo per quella esagerata, ma l’avvento di internet e soprattutto la sua evoluzione nel tempo ha reso facilmente accessibili innumerevoli immagini e incrementato la possibilità di incorrere in una violazione di copyright. Si, perché tutte le immagini hanno un proprietario, il fotografo che le ha scattate, sia esso un professionista o un amatore, oppure la società a cui il fotografo ha ceduto tutti i diritti di commercializzazione.
Esistono siti che offrono immagini gratuite come ad esempio pixabay.com, freepik.com e pexels.com ed esiste anche Google Images che permette di scoprire la provenienza e l’uso di un’immagine sul web. Risulta quindi fondamentale verificare un’immagine che si vuole utilizzare sul proprio sito, blog o materiale cartaceo sia per usi lavorativi, sia personali. Cosa che ho sempre fatto, ma anche i più attenti possono commettere errori e il mio errore è stata l’occasione per farmi un’ulteriore esperienza ed essere di maggiore aiuto su questo tema.
Su questo blogazine ho pubblicato oltre due anni fa la foto di un personaggio famoso che ricordo di avere preso da un sito che dichiarava che fosse utilizzabile. Nella fretta purtroppo non ho fatto ulteriori verifiche, nonostante sentissi una vocina dentro di me.
Quando si utilizza un’immagine trovata in rete spesso ci si dice “ma chi mai vedrà il mio articolo letto da due gatti?. Purtroppo non è così. Oggi esistono servizi di società che aiutano i fotografi a tutelare i propri diritti come Fair Licensing di Pixray, Pixsy o Copytrack. E non c’è scampo con gli attuali sistemi di AI per cui bisogna fare molta attenzione e soprattutto pensare non solo al nostro punto di vista, ma metterci nei panni del fotografo proprietario dei diritti che è nel giusto se intende tutelarli. Opinabili sono certamente i sistemi usati da queste società, ma assolutamente legittimi per cui da non prendere con leggerezza.
Ecco la mia storia. Ad agosto mi sono vista arrivare un’email da Copytrack che ad un primo sguardo sembrava spamming. Scritta in piccolo, in inglese, con un testo lunghissimo. Fortunatamente parlo bene inglese e ci ho dato un’occhiata. Era un testo piuttosto aggressivo e intimidatorio nel quale mi veniva chiesto di fornire prova del pagamento del copyright dell’immagine entro due settimane oppure di pagare entro un mese 260 euro per l’utilizzo pregresso e 290 euro per continuare ad utilizzarla per l’anno successivo. Si capiva chiaramente che era un testo automatizzato con all’interno le specifiche del mio caso.
La prima reazione dettata dal panico è stata di eliminare l’articolo immediatamente. Ciò mi permetteva di non aver ulteriori richieste, ma anche tempo per riflettere, non certo la soluzione del problema perché rimaneva a loro la prova della pubblicazione dell’articolo. Ho quindi cercato l’immagine utilizzata, ma non avevo tenuto traccia della provenienza e quindi ho capito che non avevo strumenti per difendermi e di conseguenza che avrei dovuto pagare.
Utilizzo spesso immagini acquistate da banche immagini per cui conosco i costi, che sono molto più contenuti, ovviamente dipende dall’utilizzo, per cui dapprima cerco in rete casi come il mio per confrontarmi su quanto fatto da altri e poi decido di contattare la società proprietaria dei diritti per chiedere i costi dei loro servizi e scopro che una loro immagine per un utilizzo tipo il mio costa 25 sterline una tantum. Nel svelare però successivamente il motivo della mia richiesta e nel chiedere se potevo risolvere direttamente con loro, mi viene risposto che essendo stata contattata da Copytrack non era possibile. Sfogliando online il loro database trovo l’immagine “incriminata” e scopro che era del 2012, scattata quindi quasi 10 anni prima del mio utilizzo, il che ne diminuisce il valore essendo nel caso specifico un’immagine di attualità e non di repertorio.
Mi confronto con il marito commercialista, un’amica e l’ufficio legale della casa editrice per cui lavora e decido quindi di scrivere a Copytrack, società tedesca di cui visito prima il sito, ammettendo il mio errore ed elencando tutti gli elementi che rendevano la loro richiesta esosa: basse visualizzazioni del mio sito, utilizzo redazionale dell’immagine in un blog e non in un sito commerciale in formato piccolo all’interno dell’articolo e non di apertura, immagine datata e soprattutto il costo effettivo dell’immagine richiesto una tantum dalla società avente i diritti.
A quell’email sono seguite altre di scambio da parte di un operatore però con un approccio da call center e risposte standard che non permettevano un vero e proprio dialogo, mentre contemporaneamente continuavo a ricevere solleciti dal sistema automatizzato.
E’ stato difficile chiudere la faccenda e mi ha aiutato molto la mia esperienza e l’ottima conoscenza dell’inglese. Alla fine ho pagato perché ero nel torto e perché non volevo invischiarmi in problemi legali infiniti, anche se per un importo così piccolo forse non avrebbero proseguito, ma ho concordato una cifra decisamente inferiore che ho contrattato al ribasso perfino con una controfferta piuttosto ferma.
Purtroppo queste società campano proprio accalappiando i pesci piccoli, più inesperti e con meno possibilità di tutela, ma la legge non ammette ignoranza per cui ribadisco l’importanza di agire in modo corretto. Se non utilizzate foto di vostra proprietà, utilizzate foto gratuite di banche immagini, indicate gli eventuali crediti, tenete traccia della provenienza dell’immagine e… buona fortuna! Oppure potete sempre contattarmi.