Sono nata con il cancro sebbene mi sia stato diagnosticato solo quando avevo quattro anni. Il Rabdomiosarcoma, una forma rara tra la vescica e l’utero, è embrionale. Mio padre, un veterano del Vietnam che si suicidò un anno dopo che io fui diagnosticata, venne esposto all’Agente Arancio, il defoliante tossico irrorato nel Vietnam del Sud durante la guerra, che è possibile sia connesso con questa forma di cancro.
A causa di questo e di un’isterectomia subita a ventun anni non avrei potuto avere bambini, ma ora ne ho tre grazie all’aiuto di un medico che ha prelevato i miei ovuli della mia unica ovaia prosciugata e di una madre surrogata.
Mi ricordo di un appuntamento con il mio chirurgo quando mi comunicò che il mio cancro ovarico di terzo stadio C era cattivo e che avrei perso parte del colon e dell’apparato femminile che avrebbe potuto ricostruire dai miei addominali. Scoppiai in lacrime.
Non potevo credere che avrei dovuto combattere il cancro per la seconda volta. Quando mi mostrò come sarebbe stato il mio nuovo corpo le dissi che avrei preferito morire. Mi ricordò che avevo tre splendidi figli per cui vivere. Quella fu la prima volta che desiderai di sopravvivere al cancro.
Dopo l’intervento mi svegliai con un sacchetto per il colon e il catetere che successivamente infilai in una federa. Non volevo uscire di casa. Mi vergognavo. So che è difficile di parlare di cancro dell’apparato femminile e ora la mia missione è di aiutare altre donne nella fase di recupero, in particolare quelle che hanno sofferto di cancro ginecologico.
Ho deciso di lottare. Ho scelto di vivere.
Insegno yoga e Pilates da 18 anni e la mia passione nella vita è insegnare alle persone ad amare e onorare il proprio corpo, non importa come sia. E dico sempre loro di non arrendersi mai.