Attrice con problemi alla schiena, Mary Bowen conosce Joe Pilates a New York nel 1959. Al contempo approfondisce la psicoanalisi junghiana e dopo più di dieci anni di esperienza personale inizia ad insegnare. È conosciuta soprattutto per la sua integrazione della psicologia analitica junghiana con il metodo Pilates.
Oggi si divide tra gli studi di New York, Killingworth nel Connecticut, dove risiede principalmente, e Northampton nel Massachussets dove ha uno studio che ha chiamato “Your Own Gym”, la tua palestra personale. Ai clienti più avanzati viene data una chiave per recarsi nello studio in qualsiasi momento a farsi la propria lezione.
Mary Bowen è una delle prime allieve di Joseph Pilates. Ha imparato ad insegnare sul campo, prima attraverso le lezioni settimanali con Joseph Pilates e sua moglie Clara per dodici anni, continuando in seguito a prendere lezioni da altri allievi diretti come Kathy Grant, Romana Kryzanowska e Bruce King. Ritiene fondamentale la pratica personale della tecnica per poter insegnare e si definisce l’unica insegnante Pilates che ha regolarmente studiato e continua a farlo da quarantotto anni prendendo lezioni per beneficio personale.
La sua esperienza diretta con la psicoanalisi junghiana le ha permesso di approfondire la tecnica passando dal corpo alla mente e al suo subconscio.
Gli esercizi creati da Joseph Pilates coinvolgono tutto il corpo. Mary Bowen ha aggiunto la psiche definendo il suo approccio Pilates Plus Psyche. Esso estende il lavoro del metodo Pilates al coinvolgimento dell’inconscio. Attraverso la comprensione di quale delle quattro funzioni di Carl Jung – pensiero, sentimento, sensazione e intuizione – sono coscienti e disponibili in noi e quali invece sono incoscienti e piene di difficoltà permette di capire la struttura della nostra psiche. Tutto questo è utile per capire noi stessi e per capire il tipo di cliente che si ha davanti e trovare quindi quale modalità di insegnamento sia più opportuna.
Mary Bowen oggi, a settantasei anni, è ancora in piena forma e attiva e insegna in tre città diverse. Sempre in viaggio, con l’auto piena di bagagli, il marito Alec Martin, che ha realizzato i suoi studi e gli attrezzi utilizzati, dieci gatti e il cane Pebbles.
Ci racconti del suo primo incontro con Joseph Pilates.
Ho incontrato Joe per la prima volta nel 1959 quando avevo 29 anni e lui 79. A quel tempo ero un’attrice a New York con problemi discali al collo e alla schiena almeno una volta all’anno. Pochi giorni di trazione risolvevano il disturbo ogni volta, ma mi rendevo conto che l’ernia al disco non era una buona prognosi per il futuro. Avevo bisogno di mettere il mio corpo in buone condizioni fisiche invece di darlo per scontato.
Un giorno in un quotidiano newyorchese vidi un piccolo articolo con una foto di un uomo: indossava solo calzoncini da bagno e aveva un enorme torace nudo e una criniera di capelli bianchi. Non potevi non notarlo. Era Joseph Pilates. Si parlava del suo sistema di esercizi che lui chiamava Contrology aggiungendo che – e questo fu ciò che mi attirò – era basato sui bambini e i gatti. Pur non avendo né l’uno né l’altro,
andai nel suo studio. Fu la fine dei miei problemi discali. ”Devi venire tre volte alla settimana” mi disse con quel suo accento tedesco. Era vestito come avevo visto sul giornale, così come sempre lo vidi nei sei anni che seguirono. Per via della distanza che dovevo percorrere in treno dal Connecticut mi permise di andare solo due volte alla settimana.
Com’era studiare con Joe e cosa si ricorda maggiormente di lui?
Ho passato quei sei anni con Joe, Clara e Hannah come insegnanti. Era meraviglioso. Era tutto concentrato sul corpo, senza chiacchere. Era serio e professionale. Joe e Clara passavano l’intera vita ad aiutare chi di noi era abbastanza fortunato per apprendere da loro ad impegnarsi a respirare e a vivere in modo salutare nel proprio corpo per tutta la vita. Non era solo questione di diventare forti e flessibili imparando gli esercizi. Ci veniva insegnata la consapevolezza di noi stessi qualsiasi attività facessimo.
Joe amava le donne. Con gli uomini era un po’ più duro. Si preoccupava maggiormente del lavoro che aveva sviluppato e in cui credeva e di ciò che poteva fare per noi e per chiunque l’avrebbe fatto suo. Joe non era complicato, ma molto intuitivo. Clara era il suo fondamento e la sua casa base. Era intuitiva, ma riflessiva e una brillante insegnante di suo. Hannah era diventata parte della famiglia. Era più giovane e lavorava con i clienti, passando tutto il giorno a terra.
Joe andava e veniva tra il suo appartamento vicino e lo studio. Ci dava indicazioni mentre lavoravamo. Eravamo come i suoi bambini, a qualsiasi età. Ci conosceva attraverso i nostri corpi in movimento e raramente si preoccupava di imparare i nostri nomi. Ma non importava. Eravamo trattati tutti con lo stesso rispetto. Se eseguivo bene un esercizio, lo notava e diceva “Va bene, assicurati di essere sempre consapevole di tutto il corpo”. Non soddisfaceva la vanità di nessuno. Il suo scopo era aiutarci a creare muscoli lunghi e asciutti che fossero forti e flessibili.
Qual è il suo approccio specifico alla tecnica?
Ho avuto due strade professionali – psicoanalista junghiana e insegnante Pilates – che per circa vent’anni sono state parallele. Negli anni Novanta ci fu un cambiamento. L’analista che è in me iniziò ad entrare nelle lezioni Pilates. Non riuscivo ad impedire di vedere e capire un cliente anche sotto l’aspetto psicologico e, nell’esternarlo, capì che i clienti l’apprezzavano e lo richiedevano. Oggi insegno ad insegnanti e a clienti avanzati che desiderano andare oltre al lavoro del corpo. Spesso vengono anche da molto lontano.
Adesso posso capire come l’età aiuta a fare ed insegnare meglio il metodo Pilates. In gioventù siamo così orientati allo sforzo e il Pilates diviene piuttosto una performance controllata dalla mente. Superati i settanta il mio approccio è di partnership con il corpo. La mia spina dorsale si è allungata poiché posso rilassarmi. Non è più l’ego a muovermi. Questo è un beneficio dell’età.
Che cosa penserebbe Pilates dell’evolvere della sua tecnica?
Joe e Clara sarebbero stupiti dell’enorme diffusione che ha avuto il metodo Pilates. Apprezzerebbero l’approccio serio che rispetta il loro lavoro per la profondità degli esercizi e la filosofia basata su un impegno a vita per la respirazione e la salute. Se il loro lavoro rimane il fondamento, non si preoccuperebbero dell’evoluzione degli esercizi e delle attrezzature che sono venuti dopo.
Ma non approverebbero che il metodo Pilates sia trattato giusto per il fitness con istruttori che hanno seguito una formazione in due week-end.
Nessuno può essere Joe o Clara, ma un insegnante serio può apprendere il loro lavoro ed approfondirlo per dare il proprio contributo. Non c’è una sola strada che porta a Roma.
Che consiglio darebbe a chi vuole diventare insegnante?
Prima di tutto imparare il metodo Pilates per beneficio personale almeno un anno o due da un insegnante qualificato, per poi lasciare che il proprio modo di insegnare sia basato sull’esperienza personale. Ciò che sente il corpo e la nostra intuizione devono fare entrambi parte dell’apprendimento ad insegnare. E ci vuole tempo.
tratto da Pilatesmood, NT Giugno 2007