Professione Pilates, questa sconosciuta

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Donna che si allena sul reformer

credits: senivpetro/freepik.com

Questa pandemia ha evidenziato ancora di più le criticità di un settore che, seppur di tutto rispetto in Italia, non ha ancora una sua riconoscibilità e di conseguenza viene penalizzato a più riprese. Nonostante la grande crescita, in alcuni anni a livello esponenziale, del Pilates nel nostro paese negli ultimi vent’anni, l’insegnante Pilates non è una professione riconosciuta dal nostro Governo. Questo è ciò che ha spinto molti operatori, sotto la guida ed l’intraprendenza di Lucia Nocerino, alla creazione di APPI, l’Associazione Professionisti Pilates in Italia. E in questo periodo l’attività di APPI non solo non si è fermata, ma ha messo in luce le contraddizioni di un Dpcm che accomuna l’attività di uno studio Pilates alle palestre, ma la quale al contempo non ne condivide il codice ATECO, indispensabile per poter godere dei ristori. Oltre al danno, la beffa.

Il metodo Pilates è una ginnastica posturale che migliora notevolmente il benessere della persona e che può portare grandi benefici nella situazione attuale. La particolarità di essere effettuata negli studi Pilates prevalentemente come seduta individuale consente una grande sicurezza in termini di possibilità di contagio. Si rivela pertanto più una soluzione che un problema in questo stato di emergenza sanitaria. Ma questo non solo non è stato preso in considerazione, ha portato ad un’ulteriore disparità, nonché ad una situazione che si potrebbe definire di “concorrenza sleale”. Diversi insegnanti Pilates sono anche fisioterapisti e in tutto questo tempo hanno potuto continuare la loro attività assicurando una continuità alla propria clientela, ma potendola proporre anche a quelli degli altri. L’operatività che richiede l’insegnamento di questa tecnica rispetto a gestione e modalità di intervento è la stessa e ci si chiede quindi cosa cambia ai fini delle restrizioni Covid e pertanto della sicurezza. Sono quindi solo “cavilli” burocratici.

APPI ha presentato un ricorso al Tar riguardo i danni subiti dal Dpcm, azione resasi necessaria a tutela della professione per contribuire a garantire maggiori certezze per il futuro.

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