Petra Karlsson: Pilates e naprapatia, una visione globale del corpo

Interviste

Primo piano di Petra sorridente con un caschetto biondoPetra Karlsson dalla Svezia sarà in Italia a marzo 2024 per la Bob Liekens Conference. Un’ottima occasione per conoscere il suo approccio al Pilates e la visione di Bob Liekens, scomparso a novembre 2018, con cui ha lavorato a lungo e fondato The Pilates Standard. Conosciamola meglio attraverso questa intervista in cui ci racconta i suoi inizi e come vede il futuro del Pilates.

Perché sei diventata un’insegnante Pilates?

«Pura coincidenza – devo dire. In Svezia nel ’96 il Pilates non era molto conosciuto. Sono sempre stata appassionata di sport soprattutto calcio e danza, in particolare l’hip hop e la danza africana. A 18 anni sono diventata istruttrice di aerobica e ho insegnando anche step e spinning. A 26 anni una sindrome compartimentale mi ha colpito ad entrambe le gambe causando un dolore intenso ad ogni singolo passo perciò dovetti cercare qualcos’altro che fosse più adatto a me. In alternativa alla chirurgia, che a quel tempo mi garantiva risultati al 50%, ho iniziato a studiare terapia manuale ortopedica con la speranza di trovare altre soluzioni. Durante i miei studi ho conosciuto per la prima volta il Pilates e dopo la mia prima sessione per una settimana non riuscii nemmeno ad alzarmi dalla sedia o ridere. Rimasi affascinata dall’allenamento, ma soprattutto non sentivo quel dolore alle gambe che mi aveva accompagnato per più di cinque anni. Volevo sapere di più sul Pilates».

Quanto la tua conoscenza della naprapatia influenza le tue lezioni di Pilates con la clientela?

«Moltissimo, la naprapatia è una pratica che assiste il corpo verso la guarigione, lavoriamo contemporaneamente sui tessuti molli e sullo scheletro. Come un detective si cerca di capire l’origine del dolore, perché c’è un disequilibrio, come una debolezza o un blocco possano influenzare il corpo e cerca di creare un trattamento idoneo a quello che scopriamo. Anche durante una sessione di Pilates noi analizziamo il corpo attraverso il movimento, osserviamo diversi piani e allineamenti del corpo mentre si muove e con diverse tecniche cerchiamo di riaggiustare il corpo affinché risulti più allineato e bilanciato. Il risultato è un corpo più forte, flessibile e controllato. E’ esattamente come con la naprapatia dove però sono i clienti che si aiutano da soli e l’insegnante li assiste nel processo di guarigione. Joe ha inventato le macchine affinché facessero il lavoro al suo posto e, nel mio caso, i clienti si auto curano».

Puoi condividere con noi la tua esperienza di lavoro con Bob Liekens e la creazione di The Pilates Standard?

«Quel periodo della mia vita è tra i ricordi più cari che ho. Bob è diventato subito una delle persone che stimavo di più, a cui volevo stare vicina e da cui volevo imparare più cose possibili. Era così chiaro a dare istruzioni ed era aperto, aveva voglia di condividere la sua conoscenza. Ad un certo punto gli dissi che avrei voluto seguirlo per il resto della mia vita. Lui rise! A quel tempo non avrei mai immaginato che avremo aperto una scuola assieme. Non ha mai smesso di essere egli stesso uno studente, ha continuato a studiare per tutta la vita. Diceva: “ un bravo insegnante è colui che ispira gli altri e per essere in grado di farlo devi rimanere ispirato”. Ha studiato arte, yoga e ha dipinto molto. Credo che questa fosse la ragione per aver mantenuto un tale approccio verso i suoi studenti e insegnanti: non si era mai dimenticato cosa volesse dire essere uno studente. Nel 2012 decidemmo di diventare partner e creare The Pilates Standard. Era una persona di grande integrità, era stato usato così tante volte proprio per la sua conoscenza e volontà di trasmettere quello che aveva imparato da Romana Kryzanovska che, quando divenni sua partner, dovetti lottare per ottenere la sua fiducia. Per preparare i primi due manuali ci impiegammo tre mesi. Fu tutto molto rapido a testimonianza di quanto fosse efficiente. Bob sapeva esattamente come dovessero essere strutturati, che cosa e come scriverlo. Il computer non era il suo miglior amico pertanto scrisse tutto con carta e penna. Mi affascinò ancora di più la sua personalità quando ci rivedemmo per scattare le foto per il manuale del LEAP. Diceva “adesso” nel momento esatto in cui voleva che il fotografo scattasse la foto. Nel momento di valutare la foto scattate, di 7.000 immagini solo pochissime necessitavano un ritocco. Facemmo tutto in quattro giorni, quando iniziammo aveva fatto una lista di tutti gli esercizi e della posa che avrebbe voluto fotografata. Bob viveva a New York, io in Svezia. Ci scambiavamo il materiale avanti e indietro fintanto che non fosse quasi a posto, dopo di che o Bob veniva in Svezia o io andavo da lui, fianco a fianco per rileggere o riscrivere il materiale. Quando capì che poteva fidarsi di me (e ci vollero circa due anni) divenne un amico stretto, a volte sembravamo fratello e sorella e altre volte tornava ad essere il mio insegnante  e ogni tanto anche un padre. E’ sempre stato interessato alla vita, faceva quello in cui credeva e sapeva che la vita era troppo breve per aspettare un “momento migliore” per fare qualcosa».

Qual è la tua visione del Pilates e del suo futuro?

«Come per molti altri insegnanti, quando sperimenti cosa può fare il Pilates per il tuo corpo vorresti che tutti lo provassero. E’ una disciplina magnifica, la possono praticare tutti indipendentemente dall’età o dallo stato fisico. La mia missione è che sempre più persone la conoscano e la pratichino. Affinché ciò sia possibile abbiamo bisogno di più insegnanti e che abbiano fatto un buon training. Joe aveva un desiderio – che ci fosse una classe di Pilates da 45 minuti ogni mattina in ogni scuola, uno studio di Pilates ad ogni angolo di strada. Forse così sarebbe fin troppo, ma se potessimo rendere più accessibile a più persone potremmo fare una enorme differenza in salute mentale e fisica. Il movimento guarisce!»

Verrai in Italia l’anno prossimo per la Bob Liekens Conference. Quale sarà il focus dei tuoi workshop e che cosa ne trarranno gli insegnanti Pilates?

«Insegnerò due diversi workshop a cominciare da “Come creare una sessione sulla Wunda Chair”, affinché gli insegnanti sappiano come pianificare una lezione di un’ora su quella che Joe chiamava “il reformer da casa” e dare loro la possibilità di pianificare gli esercizi in modo da far progredire i clienti da una piattaforma stabile ad una instabile in questo caso usando il pedale. Il secondo workshop sarà sulla “Upper Cross syndrome” che si riferisce al collo e alle spalle. E’ una delle zone del nostro corpo che accumula la maggior parte della tensione. L’obiettivo è di dare agli insegnati abbastanza conoscenza in modo da sentirsi più sicuri quando approcciano tali problematiche».

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